1° classificato
Simone Galaurchi
Creazione di un nuovo mondo
Sognando la vita
immagino una cripta satura di colori e aromi,
che scacciano la morte creando l’esistenza.
Sognando di essere qualcosa
mi rendo conto di essere un crogiolo ricolmo di sangue
dove talvolta, emergono dei rimpianti,
per dei problemi mai affrontati
o soltanto immaginati, per rendere la zuppa diversa.
Sognando dei privilegi,
credo di perdermi tra le cose che vorrei,
quelle che mi perseguitano,
quelle che di sicuro non avrò,
oppure che non so di avere.
Senza accusare nessuno della mia mortalità,
cedo al dolore della carne,
che talvolta si accanisce su di me
sradicando dalla mia povera anima
anche l’ultimo grammo di comprensione
che gradirei mantenere per poterlo concedere
per chi di sicuro, dovrà giudicarmi.
Senza aver risolto alcuno dei dubbi che mi perseguitano
mi appresto a tornare nella mia cripta,
piena di immagini che solo io posso vedere
di sapori che posso gustare
di colori che velano la malinconia.
Spero di riuscire ad addormentarmi,
così da dimenticare le parole
per sforzarmi di ricordarle,
così che possano diventare dei ricordi
Gioire per la creazione di un nuovo mondo.
2° classificato
Filippo Bonaventura
Lo straccio
Vago solo e dimentico nella terra di nessuno,
tra la ghiaia che scriccia sotto i piedi,
abbacinata dall’arsura delle strade dei campi;
tra il riverbero che sale di calore,
sì che par frondino le foglie, ma di mia illusione;
tra la cappa d’afa che languisce e che si stende
sull’erba discolorita al mezzogiorno;
tra i sepolcri grigiastri del seme di spiga,
smossi appena dalla lama che sgretola,
crepati come pane raffermo;
sul sentiero azzimo che spacca, sul silenzio delle cose
che svengono, e si sfanno, e si dischiudono
in una dimensione distorta, svomerata
dalla calura desolata dell’estate.
E dimentico la vita, franta nel petto dalle cose
che si perdono come lacrime tra la pioggia.
E dimentico quel poco di cosa che anch’io sono,
ma rimango, e m’affonda nel buio caduto del cuore,
nell’abisso gelido e metallico un groppo d’asma,
il ciottolo di saliva che arso mi sciacqua nell’umido fondo.
Sciacq! Si fa la sera umida e grigia, le cose si condensano,
io mi raddenso nel mio dolore di uomo
sopra il duro dell’asfalto che non bagna.
E l’asfalto specchia nei grumi densi
che brombano di scuro, oltre la vita.
Che presto scrosciano e rovesciano,
pozzangherano la terra che non pregna,
si buttano a dirotto sui miei panni,
tamburano la mia pelle ebbra di vita
per danzare lontano il caldo fermo.
Ma infine mi ritrovo e ritorno al buco celeste,
al vuoto consueto delle parole riaffiorate.
E perdo la cosa, come sempre, mi rimane solo
uno straccio di caldo bagnato, qui nella terra di tutti,
tra le cose che tutti sanno e non dimenticano.
3° classificato
Egidio Belotti
Seasonal decrease
E l’afa su questo dischiuso
strepito in penombra affonda
le stagioni trascinate sulle membra
sottili a prosciugare troppi
inverni ripiegati nelle aguzze
ali di farfalla, ma quante rughe
di coscienza non scorgo più
in questi fondali frantumati
mentre precipitano ancòra
i raggi più indifesi a dilatare
le innocue nubi dei tramonti
e aghi di pino e visi di donne
inginocchiate su ombre
intense di cortecce adolescenti:
ora che sai quanto la veglia
fatichi a diventare voglia,
ascolta le voci spettinate
misurare chete vuoti riverberi
di storie e dipanare quest’opaco
filo che mi brucia tra le dita ferme,
ma suppongo sia tardi, troppo tardi
per avvolgere il presente con suoni
di violino seppelliti da cocciute
impronte di silenzi trasparenti dove
puntuale affiora nitida questa nostra
liquefatta decadenza stagionale
inesorabile sul palpito del vento
muta come un tranquillo pipistrello
incredulo nella sua ultima veglia
equinoziale: ma fino a quando
così ostinata sul valico del tempo…
4° classificato
Roberto Silleresi
Sogni
Ho smesso d’inseguire i sogni,
mi basta alzare il volume del silenzio
ed aspettare che si posino sulla parete.
Sfilo la matita dai capelli
e ne contorno l’invisibile struttura
Talvolta sono alianti color del sole,
altre, aquiloni senza filo, in stallo
sugli slarghi gerbidi della mia anima.
Nella chiocciola del tempo migratore
srotolo – adagio – fondali di cartone.
I miei sogni non sono il corrimano
d’una mente insonne,
provengono da un inverno disciolto
che rammenda sdruciti ricordi.
Sono briciole di una notte
da accogliere con l’alibi del sorriso.
Mi sento coetaneo della luna,
mi riconosco in una lacrima del mare.
Rispondo alla voce elegante del risveglio,
straniera poesia inguantata nell’alba.
E m’accorgo di pensare
in una lingua che non conosco.
Registro le umane nequizie
senza provare nostalgia del futuro.
5° classificata
Margherita Biondo
Luci e ombre
Dovrei scaraventare dal balcone
mendaci Amorini maliziosi
e lasciare gli idilli ai sognatori.
Vorrei essere Sibilla del mio dire
mentre digrigno i denti
senza baciare labbra carnose
e rinchiudo il peccato
in una suite scarlatta
dove gusto l’oppio del piacere
in fleboclisi che singhiozzano
tra vene solitarie.
Tuttavia brucio incenso
nel turibolo della speranza
perché permanga nello sguardo
un bagliore d’ametista
anche quando l’austerità
busserà sui miei capelli
bruniti da gialle ciocche.
6° classificata
Adriana Scarpa
Le pareti fragili del cuore
L’onda danza il flamenco
dall’ombra alla luce si avvolge
risacca-fusciacca annodata
a fianchi di pallida rena.
E già si fa notte.
Occhiplatino punteggiano il buio.
Come tutto ora appare diverso!
solo in noi il tempo
lascia aperte le ferite di sempre
e viviamo
fingendo di credere
che un fiore spunterà sulla piaga.
L’acqua compie i suoi riti
stanotte. Arcangeli platino
vi spargono sopra
riflessi di stelle lontane
però lo smeraldo dell’alga
non sa levigare
i ciottoli aguzzi
che feriscono.
Perché rammentare allora
l’intrico di rami del salice
ricordare stagioni perdute
se la realtà
è questo reticolo di vene
che mette allo scoperto
dolorosamente
le pareti fragili del cuore.
7° classificata
Marilena Rimpatriato
Le parole che non t’ho mai detto
Mute sillabe che danzano
nel pentagramma dell’anima
che turbinano discrete
da uno spartito d’ombra.
Parole arcane
alle quali non si può dar voce
ma che esplodono negli occhi
quando la segreta moviola dei sogni
scorre lungo il perimetro della coscienza
tratteggiando un ipogeo film muto.
Le parole che non t’ho mai detto
sono grida incoerenti
di cui tu non puoi neppure sentire l’eco,
sono sogni di vetro
che scintillano di luci
da nessun sguardo mirate,
sono vascelli arenati nella sabbia degli anni
che ospitano fantasmi di naufraghi
inghiottiti da una tempesta.
Non temere:
non sarò preda dei miei turbini.
Nel mio mare oggi
c’era soltanto una vela
che fendeva venti fatti d’illusioni.
Tu l’hai afferrata.
Ora ondeggia affranta
in un lago silente.
8° classificata
Anna Maria Monchiero
Nel silenzio
Sapevi di trovarmi
qui tra silenzi
spezzati e ricomposti
a trasformare l’impalpabile
in dolci armonie
ancora imprigionate
su un pentagramma
dai labili segni.
Prendi il silenzio
che brucia su altari
pagani e disperdi
il sapore aspro
di parole pungenti
nel vento gitano.
Forse ti giungerà l’eco
di ogni lamento.
9° classificato
Andrea Bartoli
Sogno di un’analisi
Sotto una romantica pioggia di sangue
un mio istante,
incoerente.
Presente inciso di passato,
luci all’orizzonte di una nuova alba.
In strascichi di fantasie
le mie risa,
racchiuse.
Bendate le mie idee,
capovolti i miei sogni
in fragilità collegate al mio essere.
Dio di una terra parallela
nascosto con vesti di scena.
10° classificato
Massimiliano Badiali
Ars poetica
Non c‘è più fremito
In questi versi
Né qualche ipotesi d’incantamento.
Lascio scorrere
Note sul pentagramma del fato
Su soffi soluti di certezza
Ove s’increspa
aspro come una spirale
il punto
a conchiudere la frase.
Non resta che il fioco e il tremulo
lume della parola
dentro la sinagoga
del pensiero,
tra le unghie dei versi.
Segnalato dalla Giuria
Domenico Bisio
Come pettine dismesso
Come i radi denti
del pettine dismesso
ogni giorno lascio
sempre più spazi
alle pieghe delle tue malinconie
e nodi d’amore
non so più allentare
all’energico ripassare degli anni.
È giunto il tempo
di togliermi parrucche
che ricoprono sparuti giochi
di doppie punte
e a capo scoperto
riconoscermi nella debole peluria.
Non ti sia così grave
allontanarmi la schiavitù
di costringermi a subire
una perfezione
che non è più mia.
Segnalato dalla Giuria
Antonio De Lucia
Depressione
Per gli aspri sentieri risale quel vento
che scava il tuo viso e ti gela le mani
e poi scala i dirupi e s’afforza violento,
s’addentra con furia negli antri montani.
E l’acqua ristagna o riprende a fatica,
si sperde nel muschio poi gocciola via,
s’appende ai ghiaccioli, riluce pudica,
s’aggiunge gli umori dell’erba stantia.
Quel freddo, quel gelo, quel vento
ti scende nel cuore, t’avvolge la mente
e dell’ore d’angoscia riappare il tormento.
Riscopri la noia e la voglia di niente,
ti senti vicino alla fine, all’addio,
ti perdi nel tempo, ti appressi all’oblio.
Segnalato dalla Giuria
Marco Proietti
Novembre
Ti cercavo
nel crepuscolo annegato dal dolore
tra volti sconosciuti
brama di una preghiera,
ti cercavo.
Tra i miei passi lenti sul viale
e i cipressi come scudieri
tra stelle tremolanti in terra
unico fuoco all’imbrunire.
Ti cercavo mia dolce amica
tra i ricordi che grondano lacrime
un brivido, un sussulto, un viso angelico
e all’improvviso, un sorriso spezzato
e in terra i suoi balocchi conficcati nel mio cuore.
Ti cercavo
tra le mie mani tremanti
a ghermire polvere sollevata dal vento,
un contatto rassicurante
i capelli dei figli miei tra le dita.
Ti cercavo,
qui tra le stelle tremolanti
che ancora illuminano il sentiero
ed in fondo oltre il cancello
dove lentamente si fa notte.
Segnalata dalla Giuria
Silvana Varotti
Il pensiero fisico
Nasce dalle viscere, attraverso gli occhi
sembra salire nel cervello,
formidabile centrifuga, abile alchimista,
che ogni elemento mescola e combina,
elabora e, come una cascata, la miscela
scende lungo la spalla, attraversa il braccio,
da’ impulso alla mano che scrive,
scrive, solo con una semplice penna.
Nulla deve interrompere questa catena,
nulla d’innaturale, di tecnologico.
Solo una penna, una matita o un sasso.